Roma, 15 gennaio 2021 – Vale circa 40miliardi di euro la manovra finanziaria 2021 in vigore dal 1° gennaio. La Cisl ha definito l’intervento normativo debole e sfocato su lavoro e investimenti, politiche sociali e coesione, sanità, scuola e pubblica amministrazione.

Per la confederazione l’intervento è carente sulle politiche occupazionali e sugli investimenti pubblici e privati ed è incapace di assicurare sufficiente protezione alle persone esposte agli effetti della crisi e di rilanciare una strategia autenticamente anticiclica. Anche rispetto alle politiche attive, con un fondo destinato di 500milioni di euro, l’intervento è del tutto insufficiente, come lo sforzo su ricerca e innovazione e riallineamento delle competenze.

«Lacune gravi – l’affondo della segretaria generale della Cisl Annamaria Furlan – generate da un metodo unilaterale che ha mortificato il dialogo sociale nel processo di decisione».

La Confederazione sollecita misure integrative, a cominciare dalla proroga della Cassa Integrazione Covid a tutto il 2021 e dall’estensione e al prolungamento delle indennità rivolte al lavoro stagionale per l’intero anno ed alla proroga delle scadenze della Naspi fino ad una più graduale e sostenibile uscita dal blocco dei licenziamenti stabilito nella Legge di Bilancio fino al 31 marzo 2021. E ancora: lo sblocco del piano di rilancio degli investimenti sulle infrastrutture materiali e sociali, rilancio del Mezzogiorno, politiche sociali, sostegno alla disabilità e alla non autosufficienza.

La Confederazione stigmatizza poi la decisione di rimandare la partita decisiva della riforma fiscale in un momento in cui la rimodulazione del carico a favore dei redditi medio bassi da lavoro e da pensione rappresenterebbe la chiave strategica di equità sociale e ripartenza dei consumi.

Posizione pienamente condivisa dalla Fisascat Cisl che, pur prendendo atto della presenza nella Legge di Bilancio di misure volte alla stabilizzazione – dalla detrazione per i redditi da lavoro dipendente ed assimilati, alle assunzioni e alla stabilizzazione degli Under 35 con appositi sgravi contributivi anche finalizzati, in via sperimentale, all’assunzione delle donne, alla parziale decontribuzione dal 2021 – 2029 in favore dei datori di lavoro del Mezzogiorno, all’esonero contributivo per autonomi e professionisti per i quali viene anche istituita l’indennità straordinaria di continuità reddituale e operativa Iscro, al sostegno al rientro al lavoro delle lavoratrici madri e alla conciliazione dei tempi di lavoro e di cura alla famiglia e all’ampiamento delle casistiche sui congedi parentali di maternità e paternità – ritiene tali interventi non inseriti in un organico e strategico piano di crescita e sviluppo.

La categoria cislina, inoltre, intervenendo sulle previsioni della manovra approvata il 30 di dicembre scorso e, nelle intenzioni del Governo, destinate a rispondere alle esigenze dei lavoratori e delle lavoratrici del settore privato – come la proroga del contratto di espansione esteso anche alle imprese con almeno 500 dipendenti, il riconoscimento di Opzione Donne e dell’Ape Anticipo Pensionistico e l’accesso all’Isopensione – ha stigmatizzato il fatto che molte di queste misure abbiano carattere una tantum ed una validità limitata nel tempo, pertanto risulteranno irrimediabilmente inadeguate rispetto all’obiettivo di dare soluzioni strutturali a problemi che si trascinano da anni.

Rispetto al riconoscimento pieno dell’anzianità lavorativa ai fini pensionistici per le lavoratrici e i lavoratori che svolgono la prestazione in regime di part time verticale ciclico, oltre 150mila in Italia in tutti i settori produttivi, prevalentemente impiegati nei settori dei servizi di pulizia/multiservizi e ausiliariato, ristorazione, mense e della distribuzione commerciale, la Fisascat Cisl ha visto coronare dal successo una sua storica battaglia tesa a cancellare una insensata discriminazione nei confronti delle lavoratrici e dei lavoratori part-time e per la quale una petizione presentata nel 2018 dalla stessa categoria cislina al Parlamento Europeo caldeggiava il riconoscimento dell’anzianità contributiva per tutte le 52 settimane dell’anno mediante il riproporzionamento sull’intero anno dei contributi effettivamente versati dai lavoratori in regime part-time verticale ciclico.

Per il segretario generale della Fisascat Cisl Davide Guarini «per uscire dalla crisi e riagganciare nel più breve tempo possibile la crescita nel nostro Paese è necessario investire di più sul lavoro con un adeguato sistema di politiche attive atto a garantire una maggiore occupabilità e a sostenere l’occupazione come anche sugli ammortizzatori sociali». Per il sindacalista «è essenziale recuperare una visione strategica che solo una rinnovata stagione di dialogo sociale e di concertazione può rafforzare».

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