Molestie e violenza luoghi di lavoro, concluso l’iter parlamentare di ratifica della Convenzione ILO 190 e della raccomandazione n° 206

Guarini: «La definitiva ratifica importante supporto per vittime e strumento di applicazione nella contrattazione ai vari livelli»

Roma, 20 gennaio 2021 – Il Parlamento italiano ha recepito formalmente la Convenzione ILO n.190 e la Raccomandazione n.206 in tema di molestie e violenza nei luoghi di lavoro. Il Senato, nella giornata del 12 gennaio, ha definitivamente concluso l’iter di ratifica avviato alla Camera il 23 settembre 2020.

La Convenzione fornisce una definizione molto ampia di molestia come comportamenti e pratiche che provocano, mirano a provocare o sono suscettibili di provocare danni fisici, psicologici, sessuali o economici. Non solo l'abuso fisico quindi come violenza ma anche quello verbale, oltre allo stalking e al mobbing. In particolare, si fa espresso riferimento alle violenze e alle molestie fondate sul genere.

Adottata a Ginevra il 21 giugno 2019 dall'Organizzazione internazionale del Lavoro (OIL), la Convenzione si propone infatti di tutelare tutti dalla violenza e dalle molestie sul lavoro, ma riconosce che le donne sono le più colpite.

La Convenzione tutela inoltre indipendentemente dal tipo di Contratto di lavoro applicato. Garantisce cioè ogni persona nel mondo del lavoro, a prescindere dal relativo status contrattuale, comprendendo, pertanto, anche i volontari e le volontarie, le persone che frequentano corsi di formazione, di tirocinio o di apprendistato e coloro che sono alla ricerca di un lavoro nonché i lavoratori e le lavoratrici il cui rapporto di lavoro sia terminato. In maniera speculare, la convenzione protegge anche i datori di lavoro e si applica a tutti i settori occupazionali sia privati che pubblici.

Infine, essa riconosce che le violenze e le molestie possono verificarsi anche in luoghi diversi da quello di lavoro inteso in senso fisico, comprendendo, dunque, tutte le condotte che si verificano, ad esempio, durante viaggi di lavoro o eventi sociali, nonché a seguito di comunicazioni di lavoro, anche per via telematica.

La convenzione Oil prevede, un articolato quadro di obblighi per gli Stati membri, a partire da quello di adottare disposizioni interne che definiscano la violenza e le molestie conformemente a quanto da essa previsto e che prescrivano ai datori di lavoro di porre in essere le misure atte a prevenire le condotte lesive, fino al più generale obbligo per gli stessi Stati di adottare le misure necessarie, sia preventive che repressive. In particolare, la Convenzione chiede agli Stati di garantire alle potenziali vittime di violenze o di molestie l'accesso alla giustizia in maniera effettiva e di predisporre misure rimediali. Anche in tale contesto, essa dedica una particolare attenzione alle violenze e alle molestie basate sul genere.

La Convenzione prevede anche obblighi particolarmente specifici nei confronti degli Stati parti, tra cui il conferimento di poteri incisivi agli ispettori del lavoro e alle pertinenti autorità e l'attribuzione del potere di adottare, ove necessario, misure immediatamente esecutive.

La Convenzione entrerà in vigore dodici mesi dopo che almeno due Stati membri dell'Oil l'avranno ratificata. Il 22 gennaio 2020, proprio in considerazione dell'aumento esponenziale di fenomeni di violenza e molestie registrati in qualsiasi tipo di comparto occupazionale, la Commissione Europea aveva esortato gli Stati Membri a ratificare al più presto la Convenzione OIL.

Per la coordinatrice nazionale donne e responsabile politiche di genere Elena Vanelli «la definitiva ratifica non rappresenta un punto di arrivo, ma l’inizio di un percorso di impegno concreto nel rendere operativo quanto previsto”. “La tolleranza zero, invocata dalla Convenzione OIL, nei confronti della violenza e delle molestie nei luoghi di lavoro, inserita nella cornice delle tutele della salute e sicurezza sul lavoro – ha aggiunto la sindacalista – richiede una responsabilità condivisa che se dovrà vedere ancora il Parlamento impegnato nel varare disposizioni normative attuative, non meno le parti sociali e le istituzioni, sui vari livelli, dovranno far mancare il loro contributo fondamentale».

Per il segretario generale della categoria cislina Davide Guarini «se nell’ordinamento italiano non mancano le tutele adeguate per garantire una efficace azione di contrasto alle violenze e molestie in occasione di lavoro, la ratifica da parte dell’Italia dei due documenti internazionali, non solo ne rafforza il rilievo a livello mondiale, spingendo altri Paesi a procedere in tal senso, specie quelli che non hanno alcuna forma di tutela su questi temi, ma ne consolida le misure, delineando modalità di intervento, superando qualsiasi limite alle più ampie garanzie di tutela per tutti e tutti».

«La positiva ratifica attuata in questo difficile momento del nostro mondo del lavoro – ha concluso il sindacalista – potrà offrire un aiuto importante per vittime e rafforzare la nostra quotidiana azione nel promuovere la contrattazione sia nazionale che di secondo livello quale strumento di applicazione concreta della convenzione internazionale e di emancipazione dei diritti delle donne e degli uomini».

Ristorazione e Pubblici Esercizi, concluso il tavolo al Mise. Ferrari: «Prorogare il blocco dei licenziamenti e prevedere il ricorso agli ammortizzatori sociali Covid per tutto il 2021»

Roma, 18 gennaio 2021 – «Prorogare il blocco dei licenziamenti, attualmente fissato al 31 marzo, e prevedere il ricorso agli ammortizzatori sociali Covid durante tutto l’arco del 2021». E’ la richiesta del segretario nazionale Fisascat Cisl Fabrizio Ferrari presentata all’incontro convocato dal ministro dello Sviluppo Economico Stefano Patuanelli con le associazioni imprenditoriali dei pubblici esercizi e della ristorazione e con le rappresentanze sindacali di settore.

ll tavolo era stato sollecitato nei giorni scorsi dalle Parti Sociali in seguito all’introduzione delle nuove misure restrittive che di fatto hanno imposto la limitazione delle attività della ristorazione e dei pubblici esercizi in un comparto già fortemente provato dai precedenti provvedimenti normativi finalizzati al contenimento del contagio e dal forzato lockdown di Natale.

Ferrari, a margine dell’incontro, ha commentato positivamente le misure annunciate dal ministro – che dovrebbero essere approvate dal CdM giovedì prossimo – che puntano essenzialmente ad una erogazione perequativa da riconoscere alle imprese del settore e che tenga conto delle perdite subìte nell’anno appena trascorso, a supportare le imprese nell’attuale congiuntura e a sostenere il comparto della ristorazione anche in un prossimo scenario post pandemico.

Il sindacalista ha anche apprezzato l’apertura del dicastero sulla richiesta di attivazione di un tavolo permanente di confronto sul settore, sollecitato dalle Parti Sociali, anche con il coinvolgimento dei ministeri del Turismo e del Lavoro.

«Il ministro Patuanelli – ha aggiunto Ferrari – si è anche assunto l’impegno di convocare un tavolo ad hoc, già la prossima settimana, in presenza del ministero della Salute e del Cts, passaggio fondamentale questo per avviare il superamento delle limitazioni in corso sulle aperture delle attività, con il rafforzamento dei Protocolli e dei Comitati Aziendali laddove costituiti, con l’obiettivo di garantire la salubrità degli esercizi e la salute della clientela e delle centinaia di migliaia di lavoratrici e lavoratori che vi operano».

Legge di Bilancio, luci e ombre della Manovra finanziaria 2021. Guarini: «Investire di più sul lavoro, con adeguate politiche attive, e sugli ammortizzatori sociali»

Roma, 15 gennaio 2021 – Vale circa 40miliardi di euro la manovra finanziaria 2021 in vigore dal 1° gennaio. La Cisl ha definito l’intervento normativo debole e sfocato su lavoro e investimenti, politiche sociali e coesione, sanità, scuola e pubblica amministrazione.

Per la confederazione l’intervento è carente sulle politiche occupazionali e sugli investimenti pubblici e privati ed è incapace di assicurare sufficiente protezione alle persone esposte agli effetti della crisi e di rilanciare una strategia autenticamente anticiclica. Anche rispetto alle politiche attive, con un fondo destinato di 500milioni di euro, l’intervento è del tutto insufficiente, come lo sforzo su ricerca e innovazione e riallineamento delle competenze.

«Lacune gravi – l’affondo della segretaria generale della Cisl Annamaria Furlan – generate da un metodo unilaterale che ha mortificato il dialogo sociale nel processo di decisione».

La Confederazione sollecita misure integrative, a cominciare dalla proroga della Cassa Integrazione Covid a tutto il 2021 e dall’estensione e al prolungamento delle indennità rivolte al lavoro stagionale per l’intero anno ed alla proroga delle scadenze della Naspi fino ad una più graduale e sostenibile uscita dal blocco dei licenziamenti stabilito nella Legge di Bilancio fino al 31 marzo 2021. E ancora: lo sblocco del piano di rilancio degli investimenti sulle infrastrutture materiali e sociali, rilancio del Mezzogiorno, politiche sociali, sostegno alla disabilità e alla non autosufficienza.

La Confederazione stigmatizza poi la decisione di rimandare la partita decisiva della riforma fiscale in un momento in cui la rimodulazione del carico a favore dei redditi medio bassi da lavoro e da pensione rappresenterebbe la chiave strategica di equità sociale e ripartenza dei consumi.

Posizione pienamente condivisa dalla Fisascat Cisl che, pur prendendo atto della presenza nella Legge di Bilancio di misure volte alla stabilizzazione – dalla detrazione per i redditi da lavoro dipendente ed assimilati, alle assunzioni e alla stabilizzazione degli Under 35 con appositi sgravi contributivi anche finalizzati, in via sperimentale, all’assunzione delle donne, alla parziale decontribuzione dal 2021 – 2029 in favore dei datori di lavoro del Mezzogiorno, all’esonero contributivo per autonomi e professionisti per i quali viene anche istituita l’indennità straordinaria di continuità reddituale e operativa Iscro, al sostegno al rientro al lavoro delle lavoratrici madri e alla conciliazione dei tempi di lavoro e di cura alla famiglia e all’ampiamento delle casistiche sui congedi parentali di maternità e paternità – ritiene tali interventi non inseriti in un organico e strategico piano di crescita e sviluppo.

La categoria cislina, inoltre, intervenendo sulle previsioni della manovra approvata il 30 di dicembre scorso e, nelle intenzioni del Governo, destinate a rispondere alle esigenze dei lavoratori e delle lavoratrici del settore privato – come la proroga del contratto di espansione esteso anche alle imprese con almeno 500 dipendenti, il riconoscimento di Opzione Donne e dell’Ape Anticipo Pensionistico e l’accesso all’Isopensione – ha stigmatizzato il fatto che molte di queste misure abbiano carattere una tantum ed una validità limitata nel tempo, pertanto risulteranno irrimediabilmente inadeguate rispetto all’obiettivo di dare soluzioni strutturali a problemi che si trascinano da anni.

Rispetto al riconoscimento pieno dell’anzianità lavorativa ai fini pensionistici per le lavoratrici e i lavoratori che svolgono la prestazione in regime di part time verticale ciclico, oltre 150mila in Italia in tutti i settori produttivi, prevalentemente impiegati nei settori dei servizi di pulizia/multiservizi e ausiliariato, ristorazione, mense e della distribuzione commerciale, la Fisascat Cisl ha visto coronare dal successo una sua storica battaglia tesa a cancellare una insensata discriminazione nei confronti delle lavoratrici e dei lavoratori part-time e per la quale una petizione presentata nel 2018 dalla stessa categoria cislina al Parlamento Europeo caldeggiava il riconoscimento dell’anzianità contributiva per tutte le 52 settimane dell’anno mediante il riproporzionamento sull’intero anno dei contributi effettivamente versati dai lavoratori in regime part-time verticale ciclico.

Per il segretario generale della Fisascat Cisl Davide Guarini «per uscire dalla crisi e riagganciare nel più breve tempo possibile la crescita nel nostro Paese è necessario investire di più sul lavoro con un adeguato sistema di politiche attive atto a garantire una maggiore occupabilità e a sostenere l’occupazione come anche sugli ammortizzatori sociali». Per il sindacalista «è essenziale recuperare una visione strategica che solo una rinnovata stagione di dialogo sociale e di concertazione può rafforzare».

Riforma dello Sport, depositata la memoria dei sindacati in audizione al Senato il 28 dicembre: la regolamentazione del settore passi dalla contrattazione collettiva

Roma, 15 gennaio 2021 – Proseguono le audizioni sullo Schema del Decreto Legge sul riordino delle disposizioni in materia di Enti Sportivi professionistici e dilettantistici e sul lavoro sportivo, comparto che concorre al Pil con 4 punti percentuali e occupa oltre 100mila lavoratori dipendenti e più di 500mila collaboratori sportivi.

Le confederazioni Cgil Cisl Uil, insieme alle rispettive federazioni di categoria, in una memoria congiunta depositata al Senato, hanno sintetizzato le richieste esposte in audizione il 28 dicembre 2020 che puntano essenzialmente al superamento della distinzione tra dilettantismo e professionismo.

A cominciare dalla regolamentazione delle prestazioni e dei compensi della collaborazione coordinata e continuativa della prestazione occasionale e del lavoro autonomo, anche riferita a rapporti di collaborazione di carattere amministrativo gestionale, da affidare ai percorsi negoziali nell’ambito della contrattazione collettiva, fino all’ampliamento delle figure professionali, da estendere agli insegnanti ed ai maestri in possesso di titoli di studio e abilitanti.

Dirimente per i sindacati anche prevedere un ruolo dell’Ente Bilaterale Settoriale nell’erogazione di prestazioni di natura socio sanitaria assistenziale integrative tenuto anche conto che non è chiaro se i lavoratori sportivi siano compresi nella platea di lavoratori ai quali si applica la normativa dell’assicurazione obbligatoria Inail.

I sindacati stigmatizzano l’esclusione dall’applicazione della Legge 300 (Statuto dei Lavoratori) per i lavoratori dipendenti che svolgono mansioni di istruttore, allenatore e preparatore atletico per i quali i sindacati hanno espresso perplessità anche rispetto l’eccessiva flessibilità del rapporto di lavoro prevista dalla bozza del provvedimento normativo.

Per chi svolge attività amatoriale, pur apprezzando l’intervento normativo volto all’introduzione dell’assicurazione obbligatoria da parte degli enti dilettantistici contro infortuni e malattie connesse allo svolgimento dell’attività nonché della responsabilità civile contro terzi, i sindacati segnalano il rischio di un abuso della prestazione amatoriale che potrebbe essere evitato riducendo la soglia individuale del compenso, attualmente fissato a 10mila euro, a 5mila euro.

Sulla formazione la bozza del Dl prevede che al termine del periodo di apprendistato il contratto si possa risolvere automaticamente; secondo i sindacati si tratta di una deroga in peius alla legislazione ordinaria. Sul trattamento pensionistico i sindacati considerano coerente l’iscrizione alla gestione separata Inps ma chiedono di istituire una pensione contributiva di garanzia che permetta ai lavoratori di valorizzare i periodi lavorativi svolti senza contribuzione previdenziale o con aliquote ridotte.

La riflessione dei sindacati verte anche sull’attivazione della previdenza complementare attraverso l’accesso ad un nuovo Fondo Pensione. La contribuzione previdenziale per i sindacati, per evitare forme di concorrenza, deve restare nel perimetro Ex Enpals, ovvero nel Fondo Previdenziale Lavoratori dello Sport.

Per i sindacati resta poi prioritario per i collaboratori, prevedere l’accesso in maniera completa alle tutele Dis-Coll o disoccupazione, maternità, malattia, infortunio, ANF anche con l’applicazione dell’aliquota parziale, come anche promuovere la parità di genere a tutti i livelli anche sul fronte occupazionale e del gender pay gap.

Senza tralasciare la possibilità per gli atleti paralimpici di entrare di entrare nei Gruppi Sportivi militari e nei Corpi dello Stato con parità di trattamento economico e normativo. per la Cisl ha preso parte il segretario confederale Andrea Cuccello, insieme al segretario nazionale Fisascat Mirco Ceotto e al segretario generale di Felsa Cisl Mattia Pirulli.

Lavoro domestico, la piattaforma programmatica delle Parti Sociali: cinque azioni strutturali per preservare l’occupazione e restituire dignità al settore

Roma, 14 gennaio 2021 – Favorire l’equilibrio dell’occupazione nel settore del lavoro domestico dove è necessario e urgente anche affermare la dignità del lavoro, nel rispetto della Convenzione ILO 189 e dei venti punti del Pilastro Europeo dei Diritti Sociali adottato il 17 novembre 2017, con proclamazione solenne, da Parlamento Europeo, Consiglio e Commissione Europea.

E’ questa la finalità della “Piattaforma programmatica degli interventi normativi” essenziali definita dalle Parti Sociali firmatarie della contrattazione nazionale di settore – i sindacati di categoria Filcams Cgil, Fisascat Cisl, Uiltucs e Federcolf, e le associazioni datoriali Fidaldo (costituita da Nuova Collaborazione, Assindatcolf, Adld e Adlc) e Domina – presentata al Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, al ministro per gli Affari Europei Vincenzo Amendola, al ministro degli Affari Esteri Luigi Di Maio, al ministro del Lavoro Nunzia Catalfo e al ministero della Famiglia.

Sono cinque le azioni proposte dalle Parti Sociali per restituire dignità al settore; a cominciare dall’adozione del trattamento economico di malattia a carico dell’Inps, compatibile con quelle riservate alla generalità dei dipendenti, e dall’estensione della normativa di tutela della maternità e della genitorialità, comparabili con quelli riconosciuti alla generalità delle lavoratrici madri e dei lavoratori padri, fino al riconoscimento ai datori di lavoro della deducibilità dal reddito di tutte le retribuzioni corrisposte ai lavoratori domestici e dei contributi obbligatori e all’istituzione di un assegno universale per la non autosufficienza e detraibilità fiscale dei contributi versati per i lavoratori addetti all’assistenza personale di soggetti non autosufficienti, a condizione della corretta applicazione della contrattazione nazionale sottoscritta dalle associazioni comparativamente più rappresentative della categoria.

Prioritario per le Parti Sociali anche l’immediato ripristino dei “Decreti Flussi” annuali, con la previsione di adeguate quote riservate al settore domestico e l’approvazione della c.d. Legge “Ero Straniero”.

Il lavoro domestico interessa 2,5 milioni di famiglie datrici di lavoro e più di 2milioni di lavoratrici e lavoratori colf e badanti, oltre ai 9,5 milioni di cittadini in Italia che usufruiscono delle prestazioni; più dell’88% dell’occupazione è femminile; i lavoratori stranieri sono oltre il 73% e più del 44% sono cittadini Ue; oltre il 45% dell’occupazione è riconducibile al lavoro di cura e assistenza familiare.

La categoria, sottolineano le Parti nel documento congiunto, è al centro dei fenomeni che costituiscono le chiavi di volta del mercato del lavoro e del diritto sociale nel prossimo futuro e dei punti fondamentali degli interventi chiesti all’Italia dalla Commissione Europa: un intervento a largo spettro quello richiesto dall’Istituzione europea, volto all’aumento dell’occupazione femminile e all’inclusione dei migranti, ma anche finalizzato a supportare il graduale invecchiamento della popolazione e a contrastare il lavoro irregolare, fenomeno quest’ultimo ampiamente frequente nel comparto del lavoro domestico dove la quota del lavoro nero e sommerso, con circa 1,2 milioni di lavoratori irregolari, è pari al 60% di tutti i lavoratori occupati nel settore e al 40% del totale dei lavoratori irregolari in Italia.

Le Parti Sociali «vogliono indicare le soluzioni concrete che congiuntamente datori di lavoro e lavoratori, ritengono debbano essere adottate cogliendo la fase emergenziale che si sta attraversando quale occasione per rivedere assetti normativi obsoleti, che non rispondono alle esigenze di milioni di persone coinvolte, famiglie e lavoratrici, nel settore del lavoro domestico».

«Soluzioni che, nell’attuale fase – sottolineano – possono essere supportate da risorse nazionali ed europee, essendo riferite a temi portanti sia del PNRR che del New Generation EU».

«Soluzioni – concludono – volte a definire la funzione del lavoro di cura in ambito domestico, sussidiaria al welfare pubblico, necessaria a soddisfare compiutamente i bisogni di vita degli anziani, dell'infanzia, della disabilità, dei genitori, al fine di realizzare il necessario equilibrio dei tempi di vita».

Avviso Comune Gaming Halls e Sale Bingo, sindacati: “Massima urgenza, serve una data certa per la ripartenza, settore più penalizzato di altri”

Nuovo Avviso comune delle parti, Filcams, Fisascat e UILTuCS, per affrontare la gravissima situazione: “Non si possono continuare a ignorare 30mila lavoratori”

Roma, 14 gennaio 2021 – Ancora incertezza, nessuna prospettiva e sostegni insufficienti. Dopo quasi un intero anno di chiusura e con periodi di stop ben più lunghi rispetto alle altre attività produttive, le Gaming Halls e le Sale Bingo restano tra le realtà maggiormente penalizzate dalle restrizioni causate dalla crisi pandemica. E, soprattutto, quelle di cui meno si parla.

È per questo che in questi giorni, l’11 gennaio, le parti sociali hanno condiviso un nuovo Avviso Comune, per un rapido riavvio delle attività e l’individuazione di una data certa che manca davvero da troppo tempo. A sottoscrivere l’avviso, con i sindacati Filcams Cgil, Fisascat Cisl e UILTuCS, sono stati la Fipe, Federazione Italiana Pubblici Esercizi – Confcommercio Imprese per l’Italia, Egp – Associazione Esercenti Giochi Pubblici, Federbingo – Federazione Nazionale Concessionari Bingo e Operbingo Italia Spa.

“Il comparto della distribuzione di gioco specializzata in Italia – spiegano Filcams, Fisascat e UILTuCS – occupa oltre 30.000 addetti nelle sale e nei servizi accessori, dei quali 12.000 solo nelle Sale Bingo, e contribuisce considerevolmente al bilancio dello Stato con i prelievi diretti dalle giocate nonché con le imposte dirette delle imprese e dei lavoratori impiegati nelle sale stesse. Ma il comparto è fatto di persone in carne e ossa con le loro famiglie, che non possono continuare ad essere ignorati dai decisori politici e dalle istituzioni! "

Nel corso del 2020 – aggiungono i sindacati – le disposizioni governative per contenere l’emergenza epidemiologica hanno determinato la sospensione totale delle attività e dei ricavi delle sale per quasi metà dell’anno, sospensione prevista almeno fino al gennaio 2021 compreso. Tutto il personale delle sale è stato ripetutamente posto in sospensione dal lavoro per il tramite degli ammortizzatori sociali, in maniera anche discriminatoria rispetto ad altri settori, con conseguenti pesantissimi effetti sulle retribuzioni dirette e differite.

Molti di questi lavoratori sono ancora in attesa di ricevere il sostegno delle integrazioni salariali dall’Inps.

La situazione è ormai insostenibile!”. Davanti a questa situazione, pronti a una ripresa, le Parti hanno da tempo sottoscritto, e ora anche aggiornato, un protocollo ad hoc per stabilire “Misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 nelle Gaming Hall – Bingo”, che ha costituito il riferimento organizzativo per le sale. Nonostante questo, non c’è alcun segnale di riapertura e l’incertezza “si protrae per un tempo ancora indefinito”.

Cosa che “ci impone di chiedere, al Governo nazionale ed i Governi regionali, pur nel permanere di condizioni di emergenza epidemiologica, di individuare “urgentemente date e modalità organizzative per la ripresa delle attività nel rispetto dei protocolli di sicurezza approvati e perfezionati” e di rivalutare nuovamente ed attentamente le ricadute economiche, occupazionali e sociali della reiterata sospensione delle attività esercitate nelle Sale”.

A questo si aggiunge la necessità che si “rendano coerenti con le prospettive di riapertura le previsioni normative in merito alla tutela degli ammortizzatori sociali per il personale ed ai supporti economici alla liquidità delle aziende previsti per l’emergenza Covid19”.

Vaccini anti Covid, la Fisascat Cisl interviene al dibattito. Guarini: «Obbligatorietà può essere imposta solo in virtù di una norma di Legge, nei luoghi di lavoro non abbassare la guardia e implementare l’attività dei Comitati Aziendali

Roma, 13 gennaio 2021 – L’obbligo alla vaccinazione può essere imposto solo in virtù di una norma di Legge e non in correlazione al rapporto di lavoro in essere, pertanto parlare di licenziamenti o di sospensione dall’attività lavorativa o dalla retribuzione in caso di mancata adesione al ciclo vaccinale va considerato inappropriato.

Così la Fisascat Cisl interviene al dibattito in merito alla campagna di vaccinazione anti Covid avviata nelle scorse settimane e che, prioritariamente, coinvolgerà le categorie ritenute più a rischio.

«Certamente il consiglio che possiamo dare ai lavoratori e alle lavoratrici che rappresentiamo è quello di aderire convintamente alla campagna vaccinale disposta dal Governo» ha dichiarato il segretario generale della categoria cislina Davide Guarini sottolineando che «il Sindacato, responsabilmente, ha già sollecitato l’accesso prioritario alla campagna vaccinale per i lavoratori del comparto dei servizi esposti al rischio contagio» ma che «l’attenzione sul tema è alta anche nel settore della distribuzione commerciale e nel terzo settore socio sanitario assistenziale come anche nel comparto turistico ricettivo e della ristorazione, sebbene, questi ultimi, scontino più di altri le misure di contenimento del virus».

«L’eventuale coinvolgimento dei datori di lavoro nella verifica del rispetto alla vaccinazione – ha poi evidenziato Guarini – non solo a nostro avviso si può ipotizzare successivamente all’introduzione di un provvedimento normativo che impone l’obbligatorietà del vaccino ma è anche subordinata all’aggiornamento del Protocollo Governo Parti Sociali in materia di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del Covid-19».

«Contestualmente nei luoghi di lavoro – ha concluso il sindacalista – non bisogna abbassare la guardia ed è bene che i Protocolli e i Comitati Aziendali, laddove definiti e costituiti, implementino le misure per contrastare la diffusione della pandemia e delle varianti del coronavirus che si stanno purtroppo rapidamente diffondendo anche in Italia».

Gruppo Synlab, c’è accordo sul buono pasto per i 1.500 dipendenti del network di diagnostica medica

Carofratello: «Completato il valido sistema di welfare introdotto con il primo integrativo aziendale»

Roma, 13 gennaio 2021 – Buone nuove per i 1.500 dipendenti del Gruppo Synlab, il network europeo di diagnostica medica presente in oltre 35 Paesi del mondo con più di 17mila addetti e in Italia in Liguria, Lombardia, Veneto, Toscana, Emilia Romagna, Lazio e Campania.

Dal 1° febbraio 2021 e fino al 31 dicembre 2021, in virtù di un accordo sperimentale siglato dai sindacati di categoria Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs e la direzione aziendale, i lavoratori percettori di una retribuzione annua lorda inferiore ai 50mila euro (25mila per i part time) potranno beneficiare del buono pasto del valore di 6 euro.

Il ticket sarà riconosciuto ai lavoratori con almeno 5 ore di lavoro effettivo svolte nella giornata di lavoro compresi i lavoratori a tempo parziale che raggiungeranno o supereranno la soglia delle 5 ore di lavoro anche in funzione delle ore di lavoro supplementare o straordinario prestato.

Nel mese di settembre le Parti si incontreranno per avviare una piattaforma di negoziazione che riconosca l’intervento anche negli anni a venire.

L’intesa è stata raggiunta a circa due anni e mezzo dalla sottoscrizione del primo contratto aziendale.

Soddisfazione in casa Fisascat Cisl. «L’accordo sperimentale sul buono pasto rafforza le relazioni sindacali instaurate con Synlab che si confermano proficue e costruttive nella definizione di un modello partecipativo» ha dichiarato il funzionario sindacale della categoria Salvo Carofratello sottolineando che «l’erogazione del buono pasto si aggiunge alle previsioni normative dell’integrativo, dal valido sistema di welfare legato al sistema premiale, al meccanismo della banca delle ore in regime di flessibilità oraria, fino alle finalità solidaristiche e alle misure per il contrasto delle molestie sui luoghi di lavoro, completando così una intesa unica nel suo genere».

Coop alleanza 3.0, dal 1° febbraio il lavoro agile realtà per i circa 1000 dipendenti amministrativi

Guarini: «Il lavoro del futuro passerà sempre di più per soluzioni non standard, il sindacato ha dimostrato concretamente di poter svolgere il proprio ruolo di rappresentanza e di promozione degli interessi dei lavoratori».

Roma, 13 gennaio 2021 – Dal 1° febbraio 2021 il lavoro agile diventerà realtà per i circa mille dipendenti amministrativi di Coop Alleanza 3.0 e resterà in vigore, in fase sperimentale, fino al 31 gennaio 2022, ben oltre il termine dello stato di emergenza di cui il Governo sta valutando un ulteriore proroga.

L’opportunità in virtù di un accordo siglato dai sindacati di categoria Filcams Cgil, Fisascat Cisl, Uiltucs e i vertici della più grande cooperativa di consumatori d’Europa, con oltre 2,3 milioni di soci, più di 400 punti vendita in 11 regioni in Italia e circa 22mila dipendenti.

I lavoratori e le lavoratrici che su base volontaria e facoltativa faranno ricorso al lavoro agile – finalizzato ad incrementare la competitività ed agevolare la conciliazione dei tempi a di vita e di lavoro – continueranno a far riferimento all’orario orario contrattuale in essere, anche al fine di dare al dipendente la massima possibilità di organizzarsi autonomamente la prestazione senza dover sottostare a regole assolute, eccezion fatta per i limiti di durata massima dell'orario di lavoro giornaliero e settimanale derivanti dalla legge e dalla contrattazione collettiva.

Le giornate di lavoro agile saranno utili al fine del riconoscimento di buoni pasto e/o di servizi sostitutivi di mensa e saranno considerate alla stregua del lavoro in presenza per quanto riguarda l’utilizzo di casuali di assenze ad ore. Il dipendente, al netto di eventuali deroghe stabilite dalla Legge per far fronte all’emergenza sanitaria connessa alla pandemia da Covid-19, potrà quindi svolgere la propria attività al di fuori della sede abituale di lavoro da un minimo di due a un massimo di quattro giorni.

La programmazione del lavoro agile avverrà per giornate intere e la prestazione potrà esplicarsi nel luogo liberamente scelto dal lavoratore, purché tale luogo prescelto risponda ai criteri di sicurezza e riservatezza; peraltro, il dipendente non è tenuto a dare notizia all’azienda del luogo da lui stabilito, se non nel caso in cui la scelta dovesse ricadere sulle sedi della cooperativa. Nell’intesa tra Parti Sociali si è condiviso l’obiettivo di approntare uno specifico piano formativo per il personale interessato come pure si è convenuto sull’attivazione di un monitoraggio sulla casistica e sulla gestione di eventuali infortuni, nonché su altri aspetti collaterali alla introduzione massiva del lavoro agile, come l’andamento della produttività, della redditività, dell’efficienza e le ricadute sui servizi in appalto nelle sedi amministrative (con particolare attenzione agli effetti sull’occupazione).

L’accordo, che contempla il diritto di recesso ai sensi delle disposizioni normative vigenti, regola anche il tema del diritto alla disconnessione ed alle pause durante la giornata, arrivando anche a sancire, tra le altre cose, che, oltre le 18.00 per gli impiegati e dopo le 20.00 per i quadri e direttivi, si dovrà cessare la prestazione.

«Per la Fisascat – sottolinea il segretario nazionale della categoria cislina Vincenzo Dell’Orefice – portata dell’accordo è molto significativa, non solo perché vede interessati un numero considerevole di dipendenti della più grande cooperativa di consumo nel nostro Paese, ma anche e soprattutto perchè l’azienda non sarebbe tenuta a pattuire i sindacati le modalità di attivazione e di espletamento del lavoro agile, come non sarebbe obbligata ad estendere taluni istituti contrattuali a contenuto economico applicati al lavoro in presenza anche a chi opera in smart-working».

Per il segretario generale Davide Guarini «il lavoro del futuro passerà sempre di più per soluzioni non standard di questo tipo e il Sindacato ha dimostrato concretamente di poter svolgere il proprio ruolo di rappresentanza e di promozione degli interessi dei lavoratori che opteranno tale modalità operativa della prestazione».

Assogrocery, terminata la consultazione sullo stato delle trattative sulla regolamentazione delle attività dei lavoratori shopper. Dell’Orefice: «Riaprire il confronto per perfezionare i contenuti del negoziato»

Roma, 8 gennaio 2021 – La trattativa con Assogrocery non è ancora giunta a conclusione. E’ quanto formalmente comunicato dalla Fisascat Cisl alla direzione dell’associazione imprenditoriale al termine della procedura di consultazione sullo stato del negoziato avviato nel mese di dicembre.

Le trattative erano preliminarmente finalizzate ad individuare le necessarie forme di armonizzazione sul passaggio delle aziende associate dai vari Ccnl applicati al solo Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro per i Dipendenti da Aziende del Terziario, della Distribuzione e dei Servizi – sulla base del reinquadramento disposto dall’Inps delle attività effettivamente esercitate nel settore del commercio dalle aziende associate ad Assogrocery – e a definire l’introduzione del Lavoro Agile per i lavoratori dipendenti.

L’Associazione imprenditoriale ha richiesto di estendere il confronto alla regolamentazione delle attività e dei compensi dei collaboratori Shopper (lavoratori autonomi, occasionali e parasubordinati), operazione per la Fisascat Cisl – l’unica organizzazione sindacale ad avere rappresentanti sindacali ed iscritti presso Everli, la più importante azienda associata – necessariamente da subordinare all’effettuazione di Assemblea dei lavoratori svolte regolarmente nelle giornate del 4, 5 e 6 dicembre in merito alla definizione di un eventuale accordo che ricalcasse i contenuti del negoziato intercorso al quale hanno preso parte, oltre alle Rsa di settore, anche 4 rappresentanti dei collaboratori.

«Una trattativa reale e serrata – ha spiegato il segretario nazionale della Fisascat Cisl Vincenzo Dell’Orefice – che ha riguardato diverse tematiche, anche di portata innovativa per tali collaboratori, quali la natura del rapporto di collaborazione e divieto di esclusiva, l’introduzione di un compenso una tantum per la partecipazione ai percorsi formativi, il bilanciamento dei tempi di vita e di lavoro, la tutela della malattia e della maternità e relative indennità, sicurezza ed infortuni sul lavoro, il sistema incentivante per valorizzare la meritocrazia, la modalità di svolgimento dell’attività dello Shopper, il trattamento minimo di garanzia, la struttura dei compensi e delega alla contrattazione aziendale, l’attivazione di forme di welfare integrativo e in caso di mancata attivazione un buono benzina o spesa sostitutivo, nonché i diritti di informazione, la costituzione di una Commissione Paritetica, l’introduzione di agibilità sindacali e la possibilità di eleggere dei rappresentanti sindacali per tali collaboratori».

«Dei 2.956 Shoppers coinvolti nella consultazione, hanno espresso mandato 881 collaboratori pari al 29,80% degli aventi diritto» ha dichiarato il sindacalista sottolineando che «alla luce del pur significativo ed importante numero di mandati ricevuti, peraltro raccolti in un ambito lavorativo nel quale, per ovvie ragioni, non è agevole arrivare in maniera capillare per dare un’informazione compiuta a tutti i soggetti coinvolti, abbiamo formalmente comunicato ad Assogrocery che non riteniamo conclusa la trattativa ed abbiamo altresì espresso l’auspicio circa una rapida riapertura del confronto per perfezionare ulteriormente quanto approfondito e discusso in costanza di negoziato, possibilmente esteso anche ad altre componenti sindacali, purché effettivamente rappresentative».

«Avremmo siglato l’intesa relativa alle condizioni normative ed economiche da applicarsi agli Shoppers unicamente nel caso in cui avessimo riscontrato il benestare del 50%+1 dei consensi da parte di essi coerentemente a quanto sostenuto sia al cospetto della nostra controparte che nel confrontarci con gli Shoppers in occasione delle assemblee tenute per spiegare la portata e le caratteristiche dei contenuti negoziati» ha poi evidenziato Dell’Orefice.

«Abbiamo scelto la strada più impegnativa – ha rimarcato – in quanto prendere a riferimento non i votanti effettivi ma gli aventi diritto non è cosa banale, ma anche la più coerente».

«Eravamo e restiamo del parere che, per dare protagonismo a questi lavoratori – ha concluso il sindacalista – occorra passare inevitabilmente per un confronto serrato, non ipocrita e senza reticenze, abbandonando teorie asfittiche e pregiudiziali finalizzate sostanzialmente a non modificare nulla in un campo, com’è quello del lavoro prestato tramite piattaforme nell’ambito della fornitura dei beni di largo consumo, dove, invece, di cambiamento si avverte un gran bisogno».